Alla Procura di Roma, Vittorio Occorsio viene assegnato al nucleo di magistrati che si occupavano dei reati di calunnia e diffamazione a mezzo stampa. Nel 1967 è coordinatore dell’Ufficio, viene chiamato ad esaminare la vicenda originata dalla querela del generale Giovanni De Lorenzo, capo del Servizio Informazioni Forze Armate (SIFAR), contro il direttore del giornale “L’Espresso”, Eugenio Scalfari, e il suo redattore Lino Jannuzzi.
L’espresso aveva pubblicato degli articoli sul cosiddetto Piano Solo, nei quali si diceva che, mentre Aldo Moro stava per diventare Presidente del Consiglio del secondo governo di centro-sinistra (estate del 1964), De Lorenzo avrebbe organizzato un colpo di Stato con la complicità di personaggi illustri e che alcuni tra i più alti livelli istituzionali ne erano a conoscenza.
Negli anni tra il 1955 e il 1962 il SIFAR avrebbe raccolto una serie di dossier (le c.d. farfalle) su personaggi politici, giornalisti, intellettuali, autorità ecclesiastiche. Il piano prevedeva che personalità ritenute pericolose venissero prelevate, allontanate e raggruppate presso una località stabilita dove sarebbero rimaste “in custodia”. Il controllo di Istituzioni e servizi pubblici principali sarebbe stato nelle mani dell’Arma. Il Colpo di Stato non venne realizzato.
Istruito il processo, Vittorio Occorsio rinvia a giudizio i due giornalisti, all’esito del dibattimento si convince della veridicità delle notizie pubblicate dall’Espresso e chiede l’assoluzione degli imputati, che tuttavia furono ritenuti colpevoli.
Il 12 dicembre 1969 un ordigno esplode nella sede della Banca Nazionale dell’agricoltura di Piazza Fontana. Il bilancio finale sarà di 17 vittime e 88 feriti. Prendevano il via gli anni della “strategia della tensione”. In quella stessa giornata nell’arco di 53 minuti – tra Milano e Roma – si verificarono cinque attentati. Per la sua gravità e la sua rilevanza politica, la strage di piazza Fontana divenne il momento più alto di un progetto eversivo.
Vittorio Occorsio in qualità di Sostituto Procuratore si occupa del primo interrogatorio di Pietro Valpreda, contestandogli l’omicidio di quattordici persone e il ferimento di altre 80. Le indagini, dopo aver inizialmente imboccato la “pista anarchica”, si concentrarono su alcuni esponenti del gruppo padovano dell’organizzazione di estrema destra “Ordine Nuovo” e coinvolsero esponenti di spicco dei servizi segreti. Il processo a carico dei responsabili della strage si svolse tra polemiche originate dalla decisione della Corte di Cassazione di trasferirne la trattazione da Milano a Catanzaro.
Nell’ambito del processo per la strage di Piazza Fontana, il 31 marzo 1971, Vittorio Occorsio emette mandato di cattura nei confronti di Clemente Graziani ed altri 39 imputati tutti appartenenti al movimento politico di estrema destra “Ordine Nuovo“, con l’accusa di ricostituzione del Partito Fascista. Tra questi vi era il parlamentare del MSI, Sandro Saccucci, già coinvolto nelle indagini per il c.d. Golpe Borghese. L’apertura del processo, il 6 giugno del 1973, porta Vittorio Occorsio, pubblico ministero in aula, di nuovo in prima pagina. Iniziano a comparire scritte minatorie. la firma è l’ascia bipenne.
Il giudizio di primo grado contro “Ordine Nuovo” si conclude con una sentenza di condanna nei confronti di vari ordinovisti, molti dei quali coinvolti in diversi processi. Il 23 novembre 1973, con decreto del Ministero degli Interni, viene sciolto il movimento politico “Ordine Nuovo“.
“Sono certo che dietro i sequestri ci siano delle organizzazioni massoniche deviate e naturalmente esponenti del mondo politico. Tutto questo rientra nella strategia della tensione: seminare il terrore tra gli italiani per spingerli a chiedere un governo forte, capace di ristabilire l’ordine”. (V. Occorsio a F. Imposimato)
A partire dall’aprile 1976, Vittorio Occorsio si occupa della loggia massonica P2, indagando sui rapporti tra terrorismo neofascista, massoneria e apparati deviati del SIFAR. Avvia un’indagine sui rapporti tra alcuni esponenti della P2 e organizzazioni malavitose quali la Banda dei Marsigliesi dedite ai sequestri di persona.
Le intuizioni di Occorsio troveranno alcune conferme nelle attività di Michele Sindona con riguardo al riciclaggio di soldi di provenienza mafiosa.
È il 10 luglio 1976, Vittorio Occorsio, a bordo della sua Fiat 125, è diretto in Tribunale, VII sezione penale, nel suo ultimo giorno di lavoro prima delle ferie. La città è invasa da scritte contro il magistrato, non ha più la scorta da oltre un mese. All’incrocio con via del Giuba, due raffiche di mitra lo raggiungono: la prima lo colpisce frontalmente, la seconda, da distanza ravvicinata, mentre il magistrato tenta di fuggire, lo uccide.
Sul suo corpo gli inquirenti troveranno volantini con l’intestazione: “Movimento Politico Ordine Nuovo”. Sotto il simbolo dell’ascia bipenne la dicitura: “La giustizia borghese si ferma all’ergastolo, la giustizia rivoluzionaria va oltre”. È il secondo magistrato a cadere per mano terrorista. Il Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma, dott. Mario Amato, “proseguirà” il lavoro di Vittorio Occorsio, condividendone la medesima situazione di isolamento e la stessa tragica fine.
Concutelli, proveniente dagli ambienti della destra radicale, iscritto alla loggia massonica CAMEA, e rapidamente divenuto capo militare di “Ordine Nuovo“, viene arrestato il 13 febbraio 1977.
Nell’appartamento di via dei Foraggi, Concutelli deteneva esplosivo, armi da guerra e comuni munizioni, nonchè 10 milioni di lire in contanti provenienti dal sequestro di Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese, rapita da Renato (Renè) Vallanzasca, complice di uno dei capi del clan dei marsigliesi, Albert Bergamelli, che sarà anche testimone delle nozze dello stesso Renè celebrate in carcere nel 1979.
La Corte di Assise di Firenze con sentenza del 16 marzo 1978 condannerà per l’omicidio di Vittorio Occorsio e per altri reati connessi, Pierluigi Concutelli e Gianfranco Ferro. La sentenza, confermata dalla Corte di Assise d’Appello di Firenze il 12 dicembre 1978, diventerà definitiva il 6 marzo del 1980 con il rigetto dei ricorsi in Cassazione.
In due diversi procedimenti si articolerà l’ancor più lungo e tortuoso iter processuale che avrà ad oggetto la posizione di altri neofascisti accusati di essere i mandanti dell’omicidio di Vittorio Occorsio.
Il 21 marzo 1985 la Corte d’Assise di Firenze riterrà menti dell’omicidio di Vittorio Occorsio diversi ordinovisti, tra cui Sergio Calore, Stefano delle Chiaie, Clemente Graziani, Elio Massagrande, Giuseppe Pugliese e Paolo Signorelli, la sentenza verrà in gran parte confermata dalla Corte di Assise di Appello di Firenze il 12 marzo 1986, che disporrà l’assoluzione per insufficienza di prove. Il 9 febbraio 1987, la Corte di Cassazione annullerà la pronuncia disponendo un nuovo giudizio da tenersi in altra sezione della Corte di Assise di Appello di Firenze. Instaurato il giudizio di rinvio, la seconda sezione della Corte di Assise di Appello di Firenze, il 16 ottobre 1987, disporrà la separazione del procedimento nei confronti di uno degli imputati principali, assolverà alcuni degli imputati per non aver commesso il fatto ed altri per insufficienza di prove.
Concutelli, proveniente dagli ambienti della destra radicale, iscritto alla loggia massonica CAMEA, e rapidamente divenuto capo militare di “Ordine Nuovo“, viene arrestato il 13 febbraio 1977.
Nell’appartamento di via dei Foraggi, Concutelli deteneva esplosivo, armi da guerra e comuni munizioni, nonchè 10 milioni di lire in contanti provenienti dal sequestro di Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese, rapita da Renato (Renè) Vallanzasca, complice di uno dei capi del clan dei marsigliesi, Albert Bergamelli, che sarà anche testimone delle nozze dello stesso Renè celebrate in carcere nel 1979.
La Corte di Assise di Firenze con sentenza del 16 marzo 1978 condannerà per l’omicidio di Vittorio Occorsio e per altri reati connessi, Pierluigi Concutelli e Gianfranco Ferro. La sentenza, confermata dalla Corte di Assise d’Appello di Firenze il 12 dicembre 1978, diventerà definitiva il 6 marzo del 1980 con il rigetto dei ricorsi in Cassazione.
“Storia di un Giudice ” è il podcast condotto da Eugenio Occorsio, giornalista esperto di economia. Questa volta però il suo racconto si concentrerà su una storia personale, quella di suo padre Vittorio Occorsio: il primo magistrato ad essere assassinato dal terrorismo politico a Roma . In ogni puntata del podcast, verranno ripercorse le indagini condotte dal magistrato Occorsio e alcuni dei capitoli più bui della storia del nostro Paese.
Immagini tratte dal sito “IMMAGINI DAL NOVECENTO – Momenti di vita italiana”
Per consultare gli articoli dell’Unità:
Discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano